La galleria Richter Fine Art ha il piacere di inaugurare, giovedì 20 aprile 2017, DreamEscape, mostra di Elena Bellantoni a cura di Saverio Verini.
L’artista torna a Roma, dopo diversi anni, con una personale che accompagna lo spettatore in un viaggio “onirico”, dall’infanzia al presente, e che attraverso paesaggi e visioni ci parla di bellezza, natura e decadenza.
Con DreamEscape (fino al 26 Maggio) Elena Bellantoni si misura con un mezzo a lei caro, la pittura, ma poco impiegato nelle sue mostre; un linguaggio coltivato quasi parallelamente e in maniera “appartata” rispetto, per esempio, al video. Un progetto che fa emergere un lato inedito della produzione dell’autrice, che afferma ancora una volta la volontà di sperimentare e cambiare volto al proprio lavoro, mantenendo tuttavia una forte coerenza concettuale.
Per la serie di opere DreamEscape, da cui la mostra prende il titolo, l’artista espone dei dipinti di giovani donne nigeriane immerse in paesaggi lussureggianti; lo scenario apparentemente idilliaco è “sporcato” da dettagli che rivelano come la presenza delle ragazze in quel contesto sia legata al mercato della prostituzione. Grazia e degrado, innocenza e carnalità entrano nelle composizioni con la stessa forza, testimoniando l’attenzione e la forte spinta dell’artista verso temi politici e sociali.
Come afferma l’artista: “Il processo che ho messo in atto per questa mostra procede come sempre per strati e su vari livelli: quello visivo, personale, relazionale, sociale e politico. Ho lavorato a questa produzione pittorica con lo stesso approccio in cui lavoro ai video o alle mie performance”.
La mostra continua al piano inferiore della galleria con il video The Beauty and the Beast. Anche nel video, il mezzo che forse maggiormente ne contraddistingue il lavoro, Elena Bellantoni ha sempre avuto un approccio “pittorico”, fatto di valori chiaroscurali, di ombre e luci, di immagini ricreate sapientemente. Di nuovo un lavoro sull’infanzia, la violenza e la natura che mostra una bambina mentre si aggira in un grande museo di scienze naturali, osservando animali impagliati e leggendo un estratto de La banalità del male di Hannah Arendt.
DreamEscape è infine anche un lavoro sull’identità. Il volto delle protagoniste non viene mai restituito, sia le giovani donne rappresentate, che la bambina presente nel video, sono spesso colte di spalle, celate; un lavoro sull’infanzia perduta, in cui l’elemento dell’esotico emerge al contrario: i dipinti infatti non nascono solamente dalla memoria del viaggio in Africa dell’artista ma anche da una serie di bozzetti e fotografie scattate sulla via Laurentina, che da Roma porta verso Anzio o rielaborate dal web.
Le prostitute, da sempre corpo-oggetto, come le modelle per i pittori, si trasformano in qualcos’altro: non sono più rappresentate per il loro erotismo, ma in questo caso sono racchiuse nel loro mistero/sogno dando le spalle al mondo, denunciando la loro fragilità.
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